Giorgio Ambrosoli

 «Pagherò a caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il Paese […] Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto».

  Queste sono le parole che Giorgio Ambrosoli ha scritto a sua moglie Annalori in una delle sue ultime lettere, prima di morire ucciso in strada l’ 11 luglio del 1979 (mille novecento settantanove) con l’unica colpa di essere stato un uomo onesto e per bene, un servitore fedele dello stato, un EROE.

  Giorgio Ambrosoli, però, non aveva scelto una professione pericolosa in cui era necessario sacrificare la vita per la nazione. Non era un magistrato o un poliziotto ma un normale avvocato, specializzato nel settore del diritto fallimentare ed è per questo  che la sua morte è stata molto più eroica.

  Nel settembre del 1974 (mille novecento settantaquattro) il governatore della Banca d’Italia lo nomina  liquidatore della Banca Privata Italiana, del banchiere siciliano Michele Sindona, che in quel periodo era vicina al fallimento. Ambrosoli ha il dovere di dirigere la banca ed esaminare la situazione economica per capire le responsabilità dei politici, dei finanzieri e dei mafiosi coinvolti nei suoi problemi finanziari.

  Giorgio Ambrosoli inizia il suo lavoro e diventa il direttore della banca. In questa posizione lui ha accesso a tutti i documenti e a tutte le operazioni effettuate da Michele Sindona negli anni precedenti. L’avvocato è un uomo onesto e un professionista in gamba, molto presto scopre una serie di irregolarità e di situazioni poco chiare nella gestione dell’istituto di credito. La sua attività di investigazione diventa pericolosa per molte personalità importanti del mondo dell’economia, della politica e della criminalità organizzata. In questo periodo comincia a ricevere delle forti pressioni e dei tentativi di corruzione per non approfondire le sue indagini e scrivere perizie tecniche più favorevoli a Michele Sindona, per evitare al banchiere problemi giudiziari molto gravi.

  Ambrosoli decide di andare avanti in modo onesto ma comincia a temere di essere in pericolo e scrive le sue preoccupazioni nelle lettere a sua moglie. La situazione peggiora quando l’avvocato scopre delle responsabilità di Sindona nel fallimento di una banca americana, la  Franklin National Bank.  A questo punto l’FBI inizia a indagare negli Stati Uniti e chiede la collaborazione degli italiani per ottenere prove e informazioni.  Ambrosoli è ovviamente in prima linea e i tentativi di corruzione si trasformano in minacce di morte molto chiare ed esplicite

  In modo inspiegabile lo stato italiano non ha mai concesso all’avvocato una scorta per proteggerlo e farlo lavorare al sicuro. L’unico uomo delle istituzioni che ha aiutato Ambrosoli è stato Silvio Novembre, un maresciallo  della Guardia di Finanza suo collaboratore. Molti anni dopo Novembre ha raccontato la difficile situazione che entrambi affrontavano ogni giorno in quel periodo.

  Le telefonate di minacce che Ambrosoli riceveva spesso da alcuni spietati mafiosi erano scandalose, il pericolo per la sua vita era chiaro. L’avvocato ha registrato alcune di quelle incredibili conversazioni per cercare l’aiuto delle istituzioni ma lo stato lo ha lasciato solo e a rischio di morte. In quella situazione pericolosa era impossibile lavorare in modo sereno e senza paura ma l’avvocato con grande coraggio è andato avanti e ha portato a termine le sue indagini in un clima di grande tensione . Il 12 luglio 1979 (mille novecento settantanove) Ambrosoli doveva firmare una documento ufficiale con i risultati della sua inchiesta ma purtroppo non ha avuto la possibilità di farlo.

  La sera dell’ 11 Luglio 1979 (mille novecento settantanove) Ambrosoli era uscito con alcuni amici e quando è tornato a casa, davanti al suo portone, ha trovato il criminale americano William Joseph Aricò,  che si  è avvicinato e lo ha ucciso con quattro colpi di pistola. Dopo molti anni i giudici hanno provato che Sindona aveva pagato circa 100 000  (cento mila) dollari al killer per fare uccidere l’avvocato. La realtà è che ci sono ancora molte domande senza una risposta, sicuramente i responsabili di questa tragica morte sono molti e forse  i mandanti dell’omicidio erano  persone più importanti e famose di Sindona.

  Dopo la sua morte, l’avvocato Ambrosoli non ha avuto riconoscimenti o ringraziamenti pubblici per il suo coraggio, per molti anni nessuno ha raccontato la sua incredibile vicenda. Il primo a scrivere di lui è stato Corrado Stajano nel 1991 (mille novecento novantuno) con il suo libro “Un eroe borghese. Nel 1995 (mille novecento novantacinque) il famoso attore e regista Michele Placido ha usato il libro per realizzare un film con lo stesso titolo. Nel 2009 (duemila nove) Umberto Ambrosoli, il figlio di Giorgio, ha scritto il libro “Qualunque cosa succeda” per raccontare la storia di suo padre dal punto di vista della famiglia, con l’aiuto dei suoi ricordi e di alcuni documenti dell’archivio della RAI. Nel 2014 (duemila quattordici) è stata realizzata anche una serie TV in due episodi su quest’uomo straordinario, il titolo è “Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera” in cui  il famoso attore Pierfrancesco Favino recita la parte dell’avvocato. La mini serie è stata trasmessa su Rai 1.

  Negli ultimi anni, finalmente, la storia di Ambrosoli è diventata molto popolare. In diverse città ci sono strade, piazze o scuole che ora portano il suo nome. La vita di questo grande uomo è adesso un simbolo di onestà, coraggio e fedeltà allo stato. Molti politici e importanti personaggi pubblici parlano di lui come di un esempio e un modello per le generazioni future, anche se dimenticano di criticare lo stato che lo ha lasciato solo di fronte al pericolo.

   Giorgio Ambrosoli è andato avanti sulla sua strada, incontro al suo destino. In quei giorni terribili probabilmente ha avuto timore per la sua vita e per quella dei suoi familiari, come ogni uomo normale, ma il suo incredibile senso del dovere e la sua impeccabile onestà sono stati più forti della paura di morire. Tutto questo rende il suo coraggio ancora più incredibile e il suo sacrificio eccezionale.

  Gli Italiani come Ambrosoli rendono tutti noi orgogliosi di dire “I Speak Italiano” e per questo meritano l’assoluta stima e il più grande rispetto di questo blog, parlare di lui è un privilegio e un onore.

In memoria di un mio eroe

Grazie Giorgio