Via d’Amelio

  19 Luglio 1992, sono passate solo poche settimane dal 28 Maggio, il giorno dalla Strage di Capaci, e l’Italia piange un altro giudice simbolo della lotta alla mafia. Paolo Borsellino, amico e collega di Giovanni Falcone, è stato ucciso insieme agli uomini della sua scorta in un drammatico attentato terroristico, tra i più terribili della storia della Repubblica. 

  L’Italia era ancora in lutto per la morte di Falcone e degli agenti che lo proteggevano ma la mafia ha colpito ancora, in modo vigliacco, con il secondo  attacco del 1992 (mille novecento novantadue), ancora dritto al cuore della magistratura italiana. La vittima questa volta è il suo nemico giurato numero due, Paolo Borsellino. Come nella precedente strage, anche in questo  attentato i criminali mafiosi hanno scelto di usare una violenza molto spettacolare.

  Il 19 Luglio 1992 (mille novecento novantadue) era una domenica esattamente come quest’anno. Erano le 16:58 quando in via D’Amelio al numero civico 21 una terribile esplosione ha squarciato il silenzio di quel caldo pomeriggio estivo palermitano. In un istante una potentissima bomba ha trasformato la piccola strada della città in un campo di battaglia fatto di fumo, fiamme, palazzi danneggiati, auto incendiate e vittime. Il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli e Walter Eddie Cosina  sono stati brutalmente giustiziati da “cosa nostra”. Il sesto agente di scorta, Antonio Vullo, è stato gravemente ferito dall’esplosione mentre parcheggiava la macchina blindata del giudice.

La Repubblica è di nuovo in lutto e sotto attacco.

Via D'Amelio poco dopo l'attentato

  Via D’Amelio era purtroppo un bersaglio troppo facile per la mafia, un punto debole nella difesa della vita di Borsellino. Nel palazzo al numero 21, infatti, abitavano Maria Pia Lepanto e Rita Borsellino, madre e sorella del famoso giudice italiano, che spesso andava a fare visita alle due donne. Cosa nostra ha ovviamente approfittato dell’opportunità per tentare l’uccisione del suo pericoloso nemico. Una Fiat 126 con 90 (novanta) chilogrammi di esplosivo Semtex-H era stata parcheggiata vicino all’ingresso del palazzo della madre del giudice, pronta ad esplodere al suo arrivo.

  Nessuno, forse, si aspettava un altro colpo cosi duro poco dopo l’uccisione di Falcone, ma tutti noi eravamo consapevoli che il nome di Borsellino era diventato il primo nella lista dei nemici che “cosa nostra” voleva eliminare. I due giudici erano una spina nel fianco per l’organizzazione criminale, avversari troppo pericolosi perché ispiravano speranza e fiducia nella giustizia nel cuore dei cittadini. Era chiaro che, senza Giovanni Falcone, Paolo Borsellino era più solo nella lotta alla mafia e che la sua vita era in estremo pericolo.

  Ancora una volta parliamo di eroi che, consapevoli della pericolosità del loro lavoro, hanno scelto di continuare la loro battaglia senza cedere di fronte alle minacce e al rischio per la loro vita. Borsellino e gli agenti della sua scorta sapevano di essere diventati il bersaglio principale dopo il terribile attentato a Falcone, ma nessuno di loro ha smesso di fare il suo lavoro fino alla fine.

Falcone insieme a Paolo Borsellino ed Antonino Caponnetto nel 1986.

  Paolo Borsellino e Giovanni Falcone non erano solo colleghi e alleati nella  guerra a cosa nostra  ma erano diventati anche grandi amici e si confidavano spesso riguardo alle loro indagini. La loro lunga amicizia e il loro stretto rapporto erano una buona fonte di informazioni per i giudici che indagavano sulla strage di Capaci di pochi giorni prima, per questo motivo Borsellino doveva incontrare i magistrati per fornire informazioni utili alle loro indagini. Borsellino è stato ucciso esattamente un giorno prima della sua testimonianza, un particolare molto interessante che può essere una delle spiegazioni della velocità nell’organizzazione della sua morte.

  Un altro particolare importante dell’attentato a Paolo Borsellino è il mistero della sua famosa agenda rossa che ancora oggi non è stato risolto. Dopo la strage sono arrivati sul posto moltissimi giornalisti e televisioni che hanno realizzato numerosi filmati e fotografie del luogo dell’incidente. Quando i giudici hanno esaminato tutto questo materiale si sono accorti che accanto al corpo del magistrato era intatta e ben visibile la piccola agenda rossa in cui  teneva gli appunti personali. Borsellino non si separava mai da questo importantissimo documento in cui era contenuto il diario segreto delle sue indagini. 

  Molti testimoni e i filmati dei vigili del fuoco dimostrano che un misterioso uomo si è avvicinato spesso al corpo del magistrato e ha cercato di entrare in contatto con l’agenda dopo aver spostato alcuni oggetti che la coprivano. La cosa sicura  è che questo importante documento è scomparso senza lasciare traccia e non si trova da 18 anni, forse perché pieno di informazioni pericolose su molte persone importanti.  Un altro mistero riguarda anche la borsa del magistrato e il modo in cui è stata recuperata, non sono ancora chiari  alcuni dettagli sulla vicenda di questo importante oggetto prima del suo arrivo nelle mani delle istituzioni. C’erano molti uomini in quella strada, molti erano carabinieri e poliziotti, alcuni erano dei servizi segreti, ma non si conosce il nome di tutti e non è completamente chiaro il motivo della loro presenza sulla scena e il loro comportamento.

  Dopo quattro processi, dopo aver sentito numerosi testimoni e collaboratori di giustizia, ancora oggi mancano molte informazioni e ci sono troppi aspetti poco chiari. Sappiamo che cosa nostra ha ordinato e organizzato la morte di Borsellino ma ci sono ancora troppi misteri da chiarire sugli attentanti di quella tragica estate del 1992 ( mille novecento novantadue) e su quelli dell’anno successivo.

  I giudici Falcone e Borsellino, insieme agli agenti  morti con loro, sono stati vittime del complesso e difficile periodo storico delle bombe e della trattativa stato-mafia in cui la Repubblica Italiana è stata sotto attacco della mafia siciliana e dei suoi potenti amici all’interno delle istituzioni. Tutti noi speriamo di conoscere un giorno  la verità per punire i colpevoli, scrivere la nostra storia con chiarezza e finalmente onorare il sacrificio di questi eroi, morti per combattere uno dei nostri nemici più terribili.

Grazie Paolo, grazie Giovanni e grazie a tutti voi agenti delle  scorte, morti al servizio di tutto il Paese.